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ATTIVISTI ARRESTATI IN TANZANIA

ATTIVISTI ARRESTATI IN TANZANIA

Sibongile Ndashe, avvocato femminista , è stata arrestata in Tanzania dopo aver convocato alcuni avvocati attivisti ad una riunione per i diritti umani. Il 17 ottobre durante un workshop presso il Peacock Hotel la polizia ha fatto irruzione ed ha arrestato lei e suoi dodici colleghi con l'accusa di "promuovere l'omosessualità".

I tredici attivisti sono stati trasportati ad una stazione di polizia, dove un ufficiale ha concesso loro la cauzione senza nessuna denuncia formale.

Il giorno dopo, Lazaro Mambosasa, il capo della polizia di Dar es Salaam ha confermato gli arresti tramite la stampa, sostenendo che i "criminali" avevano violato la legge della Tanzania. Mentre è vero che il Paese condanna la "conoscenza carnale contro l'ordine della natura" non è assolutamente immaginabile che qualcuno venga incolpato per aver tenuto una semplice riunione. Infatti, l'incontro organizzato da ISLA, l'associazione paneuropea per le controversie strategiche in Africa, il cui mandato è quello di promuovere i diritti delle donne e delle minoranze sessuali, non era neppure sull'omosessualità. Il suo scopo era quello di esplorare le possibili sfide legali al divieto del governo sull'importazione di lubrificanti a base di acqua, uno strumento essenziale per la prevenzione dell'HIV.

L'atteggiamento inspiegabile delle forze dell'ordine getta un velo di preoccupazione e fa luce sul clima di intolleranza che si vive nel Paese.

In modo inspiegabile venerdì 20 ottobre, è stata revocata la cauzione. Ndashe e i suoi colleghi sono ora nuovamente in custodia delle forze dell'ordine vittime di accuse sconosciute, potenzialmente a rischio di subire un procedimento penale.

L'arresto arbitrario dei tredici avvocati e attivisti è un segno della crescente mancanza di tolleranza da parte del governo tanzaniano per la libertà di riunione e la libertà di espressione. I recenti arresti seguono un modello inquietante a causa del quale una dozzina di persone sono state arrestate nel dicembre scorso per "omosessualità" o "promozione dell'omosessualità". Nella maggior parte dei casi la polizia non ha presentato alcuna prova che suggerisca che i detenuti si siano impegnati in rapporti omosessuali.

La verità è che gli avvocati e gli attivisti non sono tenuti promuovere l'omosessualità, non fa parte del loro lavoro, il loro compito è quello di sfidare politiche assurde e reazionarie che potrebbero costare la vita a molte persone affette dall'HIV. La polizia tanzaniana dovrebbe rilasciare immediatamente Sibongile e i suoi colleghi ed abbandonare definitivamente le accuse politicamente motivate.

Coinvolta nella vicenda c'è anche l'associazione per i diritti umani Community Health Services e Advocacy (CHESA) , anche loro accusati di promozione dell'omosessualità.

La Costituzione della Tanzania sancisce il diritto di chiedere ricorso legale quando vengono violati i diritti fondamentali (art30,n3). La Carta africana sui diritti umani dei popoli, di cui la Tanzania è firmataria, riconosce anche il diritto ad un individuo a ricorrere agli organi nazionali contro atti che violano i loro diritti fondamentali , riconosciuti e garantiti dalla convenzione, dalle leggi e dai costumi in vigore (art.7). La Tanzania è anche firmataria di numerosi trattati internazionali sui diritti umani che riconoscono questi ed altri diritti connessi.

Per questo non si spiega il fermo delle tredici persone arrestate con la successiva revoca della cauzione. Questo può essere considerato con un atto intimidatorio rivolto ai cittadini che vogliono accedere alle istituzioni giudiziarie quando i loro diritti vengono violati, creando un ambiente in cui gli avvocati hanno paura di fornire una rappresentanza legale e un'analisi ai loro assistiti, in questo clima è impensabile credere ad uno stato responsabile dei diritti umani e che tuteli i cittadini dalle loro violazioni. Non esiste alcuna base giuridica per questi procedimenti. Invitiamo per tanto le autorità tanzaniane a cessare la persecuzione in corso rivolta agli avvocati e ad i loro clienti. Si torni a consentire ai cittadini di accedere alle rappresentanze legali senza intimidirli e permettendo ai cittadini stranieri a cui i passaporti sono stati  sequestrati di lasciare al più presto il paese.

For more information on this ongoing story, follow Community Health Services and Advocacy (CHESA) and the Initiative for Strategic Litigation in Africa (ISLA)

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